La verità sull’accorpamento tra uomini e donne del reparto di ortopedia del Fazzi è l’assenza di una struttura organizzativa adeguata aziendale che garantisca il paziente.
È sbagliato scaricare la colpa per le disfunzioni su carenze di personale dovute ad assenze dal servizio per malattia o infortunio. Il personale da lungo tempo stressato e senza possibilità di idonei recuperi fisici e psichici è stato perfino sottoposto alcuni mesi fa ad analisi psicologica da parte del servizio di psicologia del lavoro. Sono state richieste continuamente sostituzioni e adeguamenti di unità. Il personale di Ortopedia del Fazzi è stato uno dei pochi reparti aziendali, se non l’unico, a ricevere la visita degli psicologi per verificare le proprie condizioni psicoattitudinali. Risultato nascosto o scomparso, come il personale che doveva essere utile a sopperire alle carenze.
Oggi, è scoppiato l’allarme. Attenzione un allarme assistenza. Non perché il personale si è assentato, ma perché da anni fa presente che non può lavorare in condizioni organizzative pessime.
Una soluzione al problema doveva venire dalla mobilitazione del personale dei reparti chiusi negli ospedali dismessi. Bene il personale non si trova più. Dov’è andato a finire?
Utilizzi impropri e vari pensionamenti o dispense hanno avuto la meglio sulla riorganizzazione dei servizi.
Quando abbiamo denunciato che dal 1/1/2010 ad ottobre 2011 erano cessati circa 610 dipendenti della ASL di Lecce e che fino alla fine dell’anno ci sarebbero stati molti altri pensionamenti dovuti alle nuove norme sul collocamento a riposo, la risposta è stata che è vero ma non si può fare nulla.
Oggi si accorpano i reparti, domani di chiuderanno, limitando nuovamente l’assistenza agli utenti della provincia di Lecce.
L’Ortopedia dell’Ospedale Vito Fazzi ci deve insegnare che mancano infermieri, medici, tecnici e che senza queste professionalità non si può garantire la sanità pubblica. Non è sufficiente internalizzare servizi di pulizia, informatica o altro occorrono le professionalità che producano il servizio di diagnosi, cura e assistenza al paziente.
Il personale che è rimasto nei reparti è certamente complementare all’assistenza ma sarà necessario raccogliere le forze rimaste (oramai poche considerati tutti i servizi aperti) e farsi dire da Regione o ASL quali sono i servizi che dovranno restare aperti per garantire l’assistenza visto che quello che oggi c’è non si può più garantire con circa 1000 unità in meno rispetto agli organici del 2010.
Vito Fazzi: Accorpamento Uomini e Donne
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