Da settimane è in corso sulla stampa una incessante serie di dichiarazioni volte a trovare la soluzione al problema della sopravvivenza della Istituzione Concertistica “Tito Schipa”.
Ho avuto modo di leggere prese di posizione di esponenti politici di differenti estrazioni e di colleghi di altre organizzazioni sindacali. Avverto così la necessità di provare a dare il mio contributo al dibattito, sapendo però in premessa che il tema è ben più complesso di come potrebbe apparire e che soluzioni semplici non sono percorribili.
Per coloro che non sono addentro alla materia occorre precisare meglio di cosa parliamo: a seguito della riforma voluta dall’attuale governo (ma anche dai precedenti), L’Orchestra “provinciale” rischia la chiusura o il suo snaturamento. Ho messo la parola tra virgolette perché, della Fondazione “Tito Schipa”, la Provincia di Lecce è il socio maggioritario ma i lavoratori non sono dipendenti della provincia, in quanto la Fondazione è un soggetto di diritto privato. Perché dunque questo rischio? A causa del fatto che le “competenze”, cioè chi sia il decisore di scelte artistiche e destinatario di finanziamento per il settore della cultura, che attualmente ricadono sulla Provincia, alla chiusura di quest’ultima non si sa ancora bene a chi saranno attribuite.
È comprensibile quindi la preoccupazione dei Professori e di tutti i Dipendenti della Fondazione: il loro futuro lavorativo è seriamente minacciato e, per di più, non si conosce ancora l’interlocutore cui rivolgersi per far valere le proprie istanze.
In realtà i problemi dell’Orchestra non nascono oggi: mai, nella pluridecennale attività, i finanziamenti sono stati sufficienti a garantire dodici mesi di lavoro. Tanto è vero che negli anni scorsi la organizzazione che rappresento aveva ritenuto, risparmiando i tecnicismi, che il contratto a tempo determinato fosse la migliore garanzia per tutti gli attori in campo: Fondazione e Professori d’Orchestra. Risulta evidente che i problemi sono antichi e da ricercare nella visione della Fondazione, da parte di chi l’ha governata, come di un luogo da presidiare per goderne della visibilità o, magari, recuperare qualche strapuntino. Nessuno che si sia dato il compito di mettere sul “mercato” la Fondazione, recuperando risorse dagli altri enti locali e/o dai privati, di modo da costruire una solidità finanziaria autonoma dalle rimesse dei contributi nazionali. Questa visione “al risparmio” ha fatto sì che ci si accontentasse del minimo garantito piuttosto che promuovere in Italia, in Europa, nei Paesi del Mediterraneo cui la nostra bella terra si affaccia, quella ricchezza che è la cultura espressa dalla “Tito Schipa”. Rimbalzarsi ora proposte e responsabilità risulta un poco strumentale, quasi un ennesimo e finale tentativo di usare la ICO per un tornaconto di visibilità personale. Più che davvero di interesse dei suoi destini.
Se tutti coloro che hanno avuto responsabilità decisionali in questi anni avessero avuto un poco di previgenza e di managerialità si sarebbe potuto costruire un modello di eccellenza culturale salentina addirittura itinerante a differenza di altri modelli che si sono concretizzati, ben più circoscritti nei luoghi e nei tempi di fruizione. L’antico vezzo meridionale ha invece avuto ancora una volta il sopravvento: accontentarsi di quello che passa lo Stato per sopravvivere. Da ottimista sono convinto che vi siano margini per trovare una soluzione. Qualunque essa sia tutti devono però convincersi, i Professori per primi, che le cose cambieranno.
La proposta che sommessamente mi sento di fare è quella, una volta compreso il titolare politico di riferimento, di valorizzare una Orchestra regionale unica, con sede a Lecce, da affiancare allo storico Ente Lirico barese del “Petruzzelli”. Proposta di cui ho ragionato con l’attuale Direttore Artistico della ICO di Lecce, Maestro Ivan Fedele, che con sensibilità rara e sincero attaccamento alla terra di origine, mi ha dato spunti e contributi significativi. Questo consentirebbe di differenziare l’offerta concertistica pugliese creando due polarità che tutelino esperienze e valorizzino i territori a maggiore attrattiva turistica. Per fare questo è necessario che venga costituito un tavolo di confronto cui siedano gli interessati, Istituzioni, Parti Sociali, ICO. Sapendo che ogni scelta comporta conseguenze anche di grande impatto e difficoltà. Altrimenti, come diceva qualcuno, essa stessa per definizione non sarebbe classificata come “scelta”.
Salvatore Castrignanò interviene su Istituzione Concertistica “Tito Schipa”
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