Da due anni l’Università del Salento vive una fase caratterizzata da profondi cambiamenti organizzativi dovuti principalmente ad una serie di restrizioni finanziarie che hanno prodotto e continuano a produrre una forte riduzione della forza lavoro. Tale situazione è andata aggravandosi a seguito dell’ingente numero di pensionamenti subito lo scorso anno e del parziale blocco del turn-over imposto per le pubbliche amministrazioni dalle ultime manovre finanziarie.
Tutto questo ha ingenerato una serie di interventi volti a riorganizzare e pianificare il fabbisogno di personale all’interno dell’Ateneo, operazione questa di per sé complessa, tanto più in presenza di continue “turbolenze” tra Amministrazione e singoli Rappresentanti del personale. Ciò lascerebbe intendere che quest’opera di riassetto stia toccando equilibri non strettamente connessi all’efficienza della macchina organizzativa. Ogni attività appare quindi imbrigliata e compressa dalle manie di protagonismo che rendono la “Nostra Università” vittima di logiche non certamente laiche.
Si continua a respirare un’aria di tensione in cui si dice e si fa tutto ed il contrario di tutto e dove chiunque cerca di spingere alla lotta sempre e comunque senza considerare i danni che da ciò possono derivare per i lavoratori e per la comunità universitaria. E’ sotto gli occhi di tutti il tentativo di coinvolgere in queste beghe riprovevoli anche quanti avevano preso le distanze da vecchie politiche in quanto ritenute non propriamente attinenti la sfera della tutela dei diritti del personale e del popolo universitario.
Si opera e si contesta nel tentativo di mantenere, secondo la nota logica gattopardesca, uno ‘ status quo’ funzionale a logiche di potere. Ci si chiede, infatti, come mai l’Amministrazione non si sia ancora adeguata alle nuove disposizioni normative, entrate in vigore nel 2009, in merito al conferimento di incarichi di direzione del personale nelle Pubbliche Amministrazioni , che prevedono che “ … non possono essere conferiti incarichi di direzione di strutture deputate alla gestione del personale a soggetti che rivestano o abbiano rivestito negli ultimi due anni cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali o che abbiano avuto negli ultimi due anni rapporti continuativi di collaborazione o di consulenza con le predette organizzazioni. La disposizione e’ stata approvata … per … rafforzarne l’autonomia rispetto alle organizzazioni rappresentative dei lavoratori e all’autorità’ politica. Sono comprese nel campo di applicazione anche le strutture prive di rilevanza esterna e, quindi, la disposizione riguarda pure l’attribuzione di posizioni organizzative e di competenza mediante delega … ”. L’Amministrazione ad oggi non ha ancora individuato le strutture, competenti in materia di reclutamento, trattamento, gestione e sviluppo del personale, per le quali sussiste il regime di limitazione in base alla norma ne tanto meno, caso strano, si è adoperata per porre rimedio a conclamate situazioni di incompatibilità.
Paradossalmente poi la tensione va aumentando in un momento in cui un intervento squisitamente sindacale ha portato al recupero di un pregresso contrattuale che fino all’anno scorso era fermo al 2006. Sostanzialmente, in poco più di un anno ,sono stati sottoscritti 4 contratti integrativi e bandite 3 selezioni per le progressioni economiche. Ciò a testimonianza del fatto che l’effettiva e non sbandierata ricerca di percorsi condivisi tra tutte le parti coinvolte porta a dei risultati quantomeno apprezzabili.
Si scopre invece, e di ciò non possiamo che essere fortemente preoccupati, che tutto questo forse non è funzionale a logiche più attinenti la sfera politica che quella sindacale o amministrativa. Logiche che preferiscono lo scontro e non la concertazione. Il continuo aggrovigliarsi attorno a questioni personali distrae dall’interesse collettivo per poi ricondurre il tutto a schemi gestionali oramai obsoleti. Il fatto che per un periodo, troppo breve purtroppo, si sia riusciti a mettere da parte l’interesse di alcuni ottenendo un recupero senza precedenti sugli istituti contrattuali ha dimostrato che in precedenza si era perso troppo tempo dietro problematiche ai più poco chiare.
Si invoca un cambiamento voluto da tutti a parole ma che non trova poi spazio nel concreto. Così si assiste a progetti e programmi di razionalizzazione e riorganizzazione che partono in un modo e terminano in un altro. Si avviano progetti di aggregazione di strutture che, al di là della condivisione o meno, vengono da un giorno all’altro sospesi .
Sconcertante è poi ciò viene affermato da quanti proclamano orgogliosamente di aver combattuto per ritardare la sottoscrizione degli accordi integrativi senza poi riconoscere che solo grazie all’apporto di chi, come la nostra Organizzazione Sindacale, si è opposto a tali ritardi, i dipendenti sono riusciti a partecipare alle selezioni per le progressioni economiche che, viceversa, per effetto delle ultime manovre finanziarie avrebbero certamente perso. Saremmo rimasti fermi, infatti, al contratto integrativo del 2008 nell’attesa di ricevere, come qualcuno desiderava, quei fondi che sono giunti solo a settembre del 2010. Ciò avrebbe comportato di conseguenza l’impossibilità di procedere nei tempi utili alle progressioni del 2008, 2009 e 2010. Ricordiamo che l’ultimo bando è stato pubblicato il 28 di dicembre scorso, due giorni prima che i vincoli finanziari imponessero la perdita dei diritti economici per le suddette progressioni.
L’anacronismo di determinati atteggiamenti si è concretizzando, inoltre, nella perdita delle progressioni verticali. Queste ultime sono certamente andate perse per l’entrata in vigore del Decreto Brunetta ma se tutti si fossero adoperati nel tentativo di individuare realmente percorsi alternativi allo scontro, come la scrivente Organizzazione era disposta a fare, saremmo riusciti a bandire anche i concorsi per le progressioni tra aree che il personale attendeva da lunghi anni. Rinviare nel tentativo di dimostrare chi è il più forte sarà forse un buon esercizio per qualcuno ma di certo, nel concreto, conduce a sconfitte e perdite ingenti per i dipendenti.
La grande sfida di oggi è quella di riuscire a mettere da parte gli interessi individuali per far posto a quelli collettivi. Partecipare al cambiamento come un’opportunità per migliorare, senza tentare di preservare o creare nuovi privilegi. Qualcosa all’interno dell’Ateneo non funziona come dovrebbe, questo è un dato di fatto ed una percezione ampiamente diffusa tra i lavoratori.
La CISL Università da anni sta denunciando questo stato di cose e nulla ancora pare sia cambiato.